Che cos’è un attacco di panico?
In questo articolo cercherò di guidarti nella scoperta di queste esperienze tanto misteriose quanto diffuse. Che cos’è un attacco di panico?
INDICE
1. Il mistero dell’attacco di panico
2. Disturbo da attacco di panico e psicopatologia
2.1 Il corpo e il panico
3. Dare un nome al mostro nell’armadio: psicoterapia degli attacchi di panico
1. Il mistero dell’attacco di panico
Misteriose, proprio così: nella grande maggioranza dei casi infatti, chi soffre di attacchi di panico si trova nella condizione di non riuscire a ricostruire le cause di questo vissuto. L’attacco di panico è spesso esperito come un fulmine a ciel sereno che ha interrotto in maniera brusca l’ordinario trascorrere della nostra quotidianità. La cronicizzazione in disturbo da attacco di panico, possibile ma certamente non scontata, non fa altro che trascinare la persona in una posizione di impotenza di fronte a quella che si configura come una vera e propria crepa nel Sé, un mostro nell’armadio che balza fuori quando le nostre difese sono allentate e che finisce per dominare buona parte dei nostri pensieri.
Quasi tutte le persone che soffrono di attacchi di panico o che ne hanno sofferto, lo descrivono come un momento in cui improvvisamente, senza particolari motivi se non eventualmente un “periodo di stress”, si sono sentite catapultate in un’esperienza di perdita di controllo caratterizzata da sintomi come:
– Respiro affannoso
– Accelerazione del battito cardiaco
– Vertigini, nausea, svenimento
– Paura di morire
Da quel momento in avanti nulla è più come prima. Se l’episodio non si ripete, lo ricorderemo come un bruttissimo momento che speriamo non si ripresenti più; viceversa, potrebbe tornare e, alla lunga, costituire un pensiero costante nella mente della persona.
Se abbiamo paura di avere un attacco di panico inizieremo a svolgere sempre meno quelle attività che un tempo facevamo tranquillamente. Il panico talvolta si espande a macchia d’olio ed è come se andasse a circoscrivere, a seconda del caso, quelle situazioni in cui potrebbe arrivare rispetto a quelle altre in cui ci sentiamo ancora al sicuro, nella speranza che anche queste non vengano intaccate.
Se, ad esempio, la maggior parte degli episodi di panico si sono presentati sui mezzi di trasporto, la persona sarà chiaramente portata a evitare questi ambienti. Dobbiamo immaginarci la persona come se fosse inseguita da una presenza inquietante, invisibile ma palpabile come un presagio. Esattamente come in un film horror. Sia chiaro: quello che sto dicendo potrà spaventare a primo acchito, ma è importante in quanto sono sicuro che molti ci si riconosceranno e tali premesse ci serviranno per capire meglio come questo inquietante mistero possa in realtà rivelarsi un segno necessario per comprendere la nostra sofferenza e, come spesso accade (anche nei film dell’orrore!) il mostro guardato in faccia è solo una creatura spaventata e fragile.
Per capire che cos’è un attacco di panico sarà necessario anche un breve riferimento alla rispettiva psicopatologia.
2. Disturbo da attacco di panico e psicopatologia
La nosografia attuale (leggasi DSM 5) riconosce nel Disturbo da Attacco di Panico la cronicizzazione dell’attacco di panico. La persona inizia a soffrire di DAP quando la paura che l’attacco di panico accada interessa buona parte della propria giornata. Vi risparmio i sintomi del DSM 5 sul DAP: prendete i sintomi che vi ho elencato nel primo paragrafo, aggiungeteci l’aggravante della cronicità e la spinosa questione dell’irragionevolezza di tali paure e il gioco è fatto.
Mi piacerebbe dirvi qualcosa che possa interessarvi di più ed esservi più utile.
Se è vero che il DAP si configura come una diagnosi nosografica piuttosto precisa, gli episodi di panico, più o meno frequenti, sono trasversali a moltissimi altri quadri clinici. Da un punto di vista della psicopatologia strutturale, parliamo per lo più di personalità ansiose, evitanti, dipendenti, o ancora caratterizzate da una certa rigidità di pensiero.
2.1 Il corpo e il panico
Da un punto di vista invece dell’esperienza vissuta, la questione centrale resta il tema della corporeità. Le emozioni che precedono il panico sono delle vere e proprie interferenze rispetto alla personalità del soggetto. Il fatto che improvvisamente il nostro corpo abbia una reazione imprevedibile ci porterà a spaventarci, a leggere tale reazione come il segno di una catastrofe imminente: sto per morire, ho un male sconosciuto, finirò in pronto soccorso. Il nostro corpo, però, non è una macchina che fa il suo gioco mentre noi siamo impegnati a farlo sopravvivere: noi siamo il nostro corpo! Le nostre reazioni sensoriali, viscerali, emotive, sono strettamente connesse all’ambiente e alle relazioni che ci circondano. Sono delle risposte al mondo, non degli ingranaggi che si inceppano.
Una questione di psicosomatica? Più o meno. Se non che questo termine è un po’ desueto. È una questione umana piuttosto. Il corpo è in interazione diretta con il mondo, e risponde forte e chiaro.
Che cos’è un attacco di panico in questo senso? La reazione che avete avuto quel giorno mentre eravate sull’autobus era vera, autentica, indispensabile. Il problema è che non ve la aspettavate, non l’avevate tenuta in conto e, quando è arrivata, vi siete spaventati tantissimo, andando di conseguenza a pensare ad ogni causa possibile e immaginabile.
Il respiro va in affanno, il cuore batte all’impazzata non perché state per avere un infarto, ma perché vi siete accorti di una reazione non prevista e che, in quel momento, sembra non avere senso. La paura dell’infarto è semmai la conseguenza.
Il senso però c’è, sempre, anche quando sembra impossibile pensarlo. Questo non significa né che sia semplice ricostruirlo né che sia indispensabile spingersi chissà quanto in profondità di noi stessi. Ridare un senso è un’azione necessaria quanto basta per riconnettere la nostra identità al nostro corpo e quindi al mondo che lo circonda e che interagisce costantemente con esso in una logica ricorsiva.
3. Dare un nome al mostro nell’armadio: psicoterapia degli attacchi di panico
Ed eccoci qui di fronte alla questione delle questioni: ma quindi se soffro di attacchi di panico che faccio? Come ne esco? C’è una cura precisa?
La premessa fondamentale che non mi stancherò mai di ripetere è che le questioni psicologiche – nonché umane ed esistenziali, o pensate siano cose diverse? – si curano solo ed esclusivamente rimanendo all’interno dell’esperienza di quella specifica persona. Qualsiasi tipo di terapia a priori sarà sempre e solo una terapia sintomatica. Ho detto inutile? No, dico utilissima, a volte indispensabile. Ho detto sintomatica. È possibile guarire dagli attacchi di panico senza avere la minima idea di cosa siano: questo ho detto.
Io però faccio lo psicoterapeuta e mi muovo diversamente. Andiamo per punti.
Se è vero che l’attacco di panico è, in origine, una reazione della nostra corporeità al mondo in cui siamo immersi e che, solo successivamente, si configura come un non-senso a cui si aggrappano mille tipi di interpretazioni diverse, il primo passo per prendersi cura di questa forma di sofferenza è andare a ricollocare l’episodio di panico in un contesto di vita. Non sto parlando solo del momento in cui è accaduto, ma proprio dello sfondo implicito su cui tale episodio si colloca.
Sfondo implicito sono le relazioni che mi riguardano, i desideri che mi muovono, gli oneri che mi spettano, i valori che mi guidano, le paure che mi frenano. L’implicito è quello che in fenomenologia clinica si definisce come mondo della vita (Lebenswelt).
Se sono in grado di ricollocare l’esperienza di panico su di un humus che lo ha reso possibile, sono anche in grado di fare due cose: la prima è ridurre l’alone di mistero, la portata dell’assurdo che rende il mostro-panico tanto potente. Questo ha l’effetto di renderlo più tangibile. Lo spettro si trasforma in un inquilino prepotente. La seconda è quella di tornare sul luogo del delitto armati di una consapevolezza in grado di guidarci per rivivere un’esperienza analoga a quella che in passato ha preceduto il panico, forti del fatto che qualsiasi cosa succederà, ho una mappa per poterla leggere.
Da quel giorno in cui sono stato tanto male, non sono più salito sui mezzi pubblici perché ho avuto paura di poter avere un nuovo attacco di panico. Solo l’evitamento, e il senso di impotenza che ne consegue, mi hanno preservato dalla paura. Ora però conosco qualcosa in più, so che è successa una cosa non solo normale, ma che parla di me e mi consente di conoscere meglio me e le mie reazioni.
Come spesso accade, è solo concedendo a noi stessi di rivivere, con presupposti diversi, esperienze analoghe a quelle che hanno preceduto il dolore che possiamo riscrivere la nostra storia con parole nuove e dal significato mutato.
La psicoterapia degli attacchi di panico vuole accompagnare il paziente ad aprire l’armadio del mostro, non prima di averne delineato un volto plausibile, e di poterlo incontrare depauperato dalla propria forza minacciosa.
In questo articolo ho cercato di rispondere alla domanda “che cos’è un attacco di panico?” nella maniera più semplice possibile, sapendo di avere a che fare con un tema molto complesso. Se fossi interessato a farmi domande specifiche o a prendere un appuntamento con me per parlare di quella che è la tua esperienza con gli attacchi di panico, non esitare a scrivermi.
Riferimenti bibliografici
Borgna, E. – Le figure dell’ansia. Feltrinelli
Francesetti, G. (a cura di)- Attacchi di panico e postmodernità. Franco Angeli
Gazzillo, F. – I sabotatori interni. Raffaello Cortina
Ghezzani, N. – La logica dell’ansia. Franco Angeli
Merleau-Ponty, M. – Fenomenologia della percezione. Bompiani
Stanghellini, G. – Noi siamo un dialogo. Raffaello Cortina
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