Psicoterapia dell’adolescenza
Riflessioni e spunti critici
INDICE
1. Introduzione
2. Adolescenza: enigma e crocevia della civiltà occidentale contemporanea
3. Per una psicoterapia dell’adolescenza
4. Riferimenti bibliografici
1. Introduzione
L’adolescenza è oggi giorno un tema caldissimo. Non che negli ultimi decenni non se ne sia mai parlato, ma ritengo che negli ultimi anni questo concetto, e l’interesse verso la psicoterapia dell’adolescenza, sia al centro di molteplici dibattiti. Come se fosse qualcosa che più passa il tempo più diventa misteriosa. Va anzitutto detto che l’adolescenza è un momento della vita che non è sempre esistito in quanto è solo con la società industriale che, allungandosi i tempi di convivenza con la famiglia d’origine e aumentando la complessità del mondo, si inizia a configurare un lasso temporale in cui non si è più bambini ma nemmeno si è già entrati in quel mondo fatto di una certa quota di autonomia e responsabilità che possiamo definire “mondo degli adulti”.
Non vi annoierò con una descrizione da manuale di cosa sia l’adolescenza. Ci sono libri ben fatti con elenchi puntati che descrivono i cambiamenti fisiologici, la scoperta della sessualità, la necessità di costruire una propria identità, il conflitto con il mondo adulto, l’intensità delle emozioni, ecc.
Quello che qui ci interessa è rispondere sostanzialmente a due domande. 1) perché, oggi più che mai, parlare di adolescenza sembra quasi convocare in maniera automatica figure dedicate alla salute mentale. 2) come queste figure, e nello specifico io che mi occupo anche di psicoterapia dell’adolescenza, possano essere d’aiuto ai ragazzi.
2. Adolescenza: enigma e crocevia della civiltà occidentale contemporanea
Facciamo una carrellata di luoghi comuni che tuttavia, come tali, esistono indipendentemente da quanto siano o meno veritieri. Gli adolescenti sono in crisi; La scuola non è più in grado di educare i giovani; Internet e i social media sono tra le principali cause del malessere dei giovani d’oggi; I giovani sono viziati e poco inclini a reggere la frustrazione; La cultura del “tutto e subito” ha cresciuto dei ragazzi che non accettano che gli si dica loro “no”; i genitori faticano ad essere dei punti di riferimento per i ragazzi che finiscono con l’isolarsi dal contesto sociale. Si potrebbe andare avanti a lungo. Problemi di questo calibro sono, si badi bene, giganteschi (!), poiché parlando dell’adolescenza in realtà tirano in ballo complesse questioni storico/antropologiche, politiche, sociali, culturali. Arrivano allora in nostro soccorso schiere di esperti di ogni genere: pedagogisti, psicologi, filosofi, liberi pensatori, opinionisti televisivi, influencer, politici, genitori eruditi, insegnanti navigati. Un esercito di intellettuali che cercano di combattere contro un fenomeno che, in barba ai quintali di cultura psicopedagogica e di psicoterapia dell’adolescenza prodotta in tutto il mondo nell’ultimo secolo, ci scivola dalle mani. Un po’ come un pesciolino che reclama una totale libertà nel proprio mare profondo, sconfinato.
Il punto che spesso non viene visto è che l’adolescenza è uno specchio del mondo contemporaneo. L’adolescente è colui che esce dallo spazio interno, inteso come la casa, la famiglia, i giocattoli. Spazio che, se è fortunato, può costituire una temporanea isola felice, per addentrarsi nello spazio esterno: il mondo, gli altri, il futuro, il mistero di tutto ciò che sta lontano. In questa scoperta, l’adolescente è affamato di esperienza, impaurito e curiosissimo allo stesso tempo, bisognoso di senso e di sentire che effetto fa la vita sulla propria pelle. Non è alla ricerca dell’educatore edotto che “sa” come si educano i ragazzi perché lo ha studiato, ma dell’Altro, per lo più adulto o comunque con più esperienza di lui. Altro che vive una dimensione a lui ancora estranea ma a cui, per natura, non può non tendere. L’adulto è colui che già abita questo spazio esterno (dovrebbe?), figura emblematica a cui l’adolescente è attratto e nello stesso tempo si sente in conflitto poiché ancora non sa abitare questo mondo nuovo.
In altre parole, l’adolescenza è quel periodo della vita in cui l’essere umano si lancia nel mare magnum della cultura, del linguaggio, dell’immaginario sociale che lo circonda. L’adolescente non fa un viaggio di sette anni in Tibet per trovare sé stesso e poi tornare da mamma e papà. La materia prima con cui andrà a costruire la propria identità, l’humus culturale con cui chiamerà tutte le cose, è lo spazio esterno che gli adulti hanno edificato. La cultura occidentale in cui siamo immersi è un vocabolario, una agorà fatta di parole e prassi, simboli e valori, diktat e possibilità. Una mappa con la rispettiva legenda. Non si può uscire da qui. L’uomo non è un’isola e l’adolescente non nasce in un campo di fiori nel giardino dell’Eden.
Da qui, ritengo che il punto cruciale sia che prendersi cura dell’adolescenza senza parallelamente essersi presi cura del nostro mappa-mondo in cui noi adulti viviamo, significa girare in tondo all’infinito.
E la psicoterapia dell’adolescenza? Che c’entra tutto questo con la salute mentale dei giovani?
Ci arriviamo.
3. Per una psicoterapia dell’adolescenza
Se si inizia a inserire il concetto di adolescenza in un puzzle in cui è la nostra intera cultura stessa ad essere messa in discussione, nonché noi come adulti dispensatori di significati delle cose, si consente anche ai servizi per la salute mentale di tornare a ricoprire il loro ruolo.
Mi limiterò qui a parlare del lavoro che faccio io, lo psicologo e psicoterapeuta. Come “esperto” sull’argomento, ovvero figura deputata ad arginare l’onda anomala della crisi collettiva che va sotto il nome di adolescenza, il contesto mi fa automaticamente scivolare in quella posizione tale per cui, grazie ai miei studi, dovrei riuscire a fare qualcosa in grado di spegnere questo fuoco incontrollabile. Così, genitori in difficoltà si rivolgono allo psicologo con la speranza, comprensibile, che quest’ultimo possa aiutare loro e il/la ragazzo/a. Lo psicologo, infatti, combatte a pieno titolo nel plotone inarrestabile degli esperti sul tema.
Quello che qui mi preme sottolineare è che la psicoterapia è un luogo in cui si osserva il mondo del paziente così com’è, senza avere la pretesa che questo debba essere modificato, se non previa deliberata volontà del paziente stesso.
La psicoterapia sostiene il cambiamento di chi ha quella volontà necessaria e sufficiente per mettersi in gioco, mettendo in discussione le proprie abitudini. In altre parole: responsabilità.
Nelle sedute con i ragazzi trovo desideri di essere visti, presi in considerazione per ciò che stanno provando e che, si badi bene, sono loro stessi a non conoscere fino in fondo.
L’adolescente non vuole essere visto per ciò che è stando a ciò che sa di essere (magari all’inizio e soltanto in parte), ma se cerca una figura d’aiuto è perché desidera che questo possa sostenerlo in quel viaggio di esplorazione che abbiamo menzionato prima. Chi sono? Cosa mi sta succedendo? Perché sto così? Tutto questo, chiaramente, senza avere la pretesa come terapeuta di lanciare nel cielo risposte belle e pronte, ma sostenendo il ragazzo in un processo in cui le parole, per me che parlo con lui, sono vere e utili solo quando le sentiamo in grado di risuonare dentro. Quando ci colpiscono, quando possiamo dire: “Si, adesso ha senso”.
Dal canto loro, i genitori devono trovare lo spazio di poter essere sostenuti, specialmente quando il ragazzo è molto giovane, nelle loro difficoltà. Questo, in particolare, dal momento che nella maggior parte dei casi la domanda di cura arriva proprio da loro e che, altrettanto spesso, è molto diversa da quella del ragazzo, che potrebbe anche non avere affatto nei riguardi di uno sconosciuto e misterioso psicoterapeuta.
La psicoterapia con l’adolescente e/o con i genitori è un percorso di consapevolezza e presa di coscienza, in grado di indirizzare l’azione. Questo vale sempre e comunque per ogni psicoterapia, laddove è possibile.
In questo senso il lavoro psicoterapeutico, parallelamente ad altre professioni afferenti alla salute mentale, viene in soccorso a una situazione particolare, che riguarda “quelle persone”, “quel ragazzo”.
E’ necessario domandarsi se, invece, questa crisi adolescenziale per cui si cerca aiuto sia comprensibile all’interno del mondo della vita di quei singoli soggetti o invece debba ascriversi a problematiche che sono pervasive della nostra cultura, che interessano una linea continua in grado di abbracciare potenzialmente tutto ciò che ci definisce, oggi, in quanto persone portatrici di valori e orizzonti di senso.
D’altronde, l’adolescente reclama proprio questo, e lo reclama dalla mamma e dal papà, dalle figure importanti per la sua vita, dai “grandi” di cui ha stima. Dal terapeuta può trovare molto, se si crea una buona relazione tra i due, ma prima di arrivare nello studio di uno psicologo c’è tutto un mondo che, ad oggi, sembra aver smarrito la bussola con cui ha sempre insegnato, ai più giovani, come si naviga in mare aperto.
4. Bibliografia suggerita
Bauman, Z. – Vita liquida. Laterza
Galimberti, U. – I miti del nostro tempo. Feltrinelli
Galimberti, U. – La parola ai giovani. Feltrinelli
Lancini, M. – L’adolescente. Raffaello Cortina. Milano
Lancini, M. – Sii te stesso a modo mio. Raffaello Cortina. Milano
Pietropolli Charmet, G. – L’insostenibile bisogno di ammirazione. Carocci
Stanghellini, G. – Selfie. Feltrinelli
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